Archivio per cose che capitano

Odio vedere gli uomini che fanno pipì

Lo so, sembra un post un po’ così, ma davvero non ne posso più.

In ogni film c’è almeno una scena in cui un uomo fa pipì, sembra che non facciano altro.

Ultimamente faccio 300km un giorno alla settimana, tutta autostrada e nel mio tragitto mi capita di vedere almeno un uomo che in una piazzola di sosta fa pipì.

E che stress!

Mi sembra l’espressione più bieca e volgare del machismo.

Un’inutile ostentazione, o forse sono solo incontinenti…

A volte capita…

Sabato le mie piccole pesti e io siamo tornate al Poli dopo poco più di due mesi dall’ultima volta, quella della tesi.

L’occasione è stata data dall’evento dedicato ai piccoli dai 7 anni in su intitolato: Nidi, tane, case e rifugi: costruire edifici straordinari con materiali alternativi

Come mancare, ora che sono architetto anch’io?

E così siamo andate, nonostante la pioggia e Gaia che non era al massimo della forma, ma che non avrebbe rinunciato ad un giro a Milano per niente al mondo.

Loro si sono divertite molto, hanno raccontato di aver visto cose davvero molto interessanti (durante la lezione i genitori stanno fuori).

E anch’io ho avuto le mie soddisfazioni, a ripensarci sorrido ancora.

Ero nell’atrio e vedo uno che sembra proprio uno dei professori della mia commissione di tesi e in effetti mi guarda anche lui come se mi riconoscesse e dopo un po’ viene da me e mi chiede se ci conosciamo e io gli dico (balbetto) che sì, ero nell’ultima commissione di tesi e lui mi fa: “Ah, sì, con quella bella tesi sulla Svezia!” E io rimango basita (basita si può dire?), ringrazio per il “bella tesi”, ringrazio anche perchè ha notato la mia parte di critica all’intervento e poi resto davvero senza parole, la mia tesi è piaciuta per davvero e non solo per pietà!

Per fortuna poi doveva entrare a fare lezione alle piccole…

La lezione si teneva in un’aula del Trifoglio, praticamente il luogo dove è cominciato tutto, le prime lezioni sono state lì, e lì ho conosciuto le principali compagne di viaggio, e lì ho assistito ad un buon numero di lezioni del primo anno.

Ed ecco le piccolette sugli stessi banchi dove ho studiato io…

bimbe al Politecnico

le piccolette che prendono appunti in un’aula del Trifoglio

30 anni

A settembre saranno trent’anni dal primo incontro con quello che sarebbe diventato il padre delle mie bambine.

Ma ora le cose non vanno, stiamo andando in direzioni differenti, già da un bel po’ probabilmente, ma i vari problemi ci hanno distolto l’attenzione da noi, o forse hanno fatto sì che ci sentissimo “noi” a dispetto delle differenze.

In questo momento non c’è niente e nessuno contro cui combattere, a parte forse la mia disoccupazione… e così sono riaffiorate le differenze, prepotenti e sembra incolmabili.

Come si affronta una separazione con due figlie?

Come ci si può separare senza soldi?

Come ci si può separare essendo costretti da problemi economici e pratici a vivere sotto lo stesso tetto?

88/100

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Integrarsi

L’integrazione è difficile, essere straniero in un paese straniero è difficile, gli autoctoni non ti accolgono a braccia aperte. E poi c’è l’ostacolo della lingua.

Ma prendiamo una milanese, milanese da generazioni, cresciuta sentendo parlare il milanese, anche se lei spiaccica si e no un paio di parole e al massimo uno scioglilingua.

Trapiantate questa milanese in uno sperduto paesino della val padana, in mezzo alle nebbie, basso varesotto quasi provincia di Novara anche se sempre in provincia di Milano.

Nessun legame con il resto del paese, solo sembrava carina la casa, o meglio era l’unica trovata abbordabile.

Ed ecco che l’integrazione è quasi impossibile, nessuno parla con questa straniera e anche la lingua è un ostacolo perchè il milanese parlato nel paese non è lo stesso milanese di Milano con cui è cresciuta.

Prima la milanese pensava che fosse per i suoi orari, ma quest’anno porta le bimbe a scuola e le va a prendere quando ci sono le altre mamme, e non serve nemmeno essere rappresententante di classe, il dialogo è ridotto al minimo.

E si ritrova così a parlare con altre mamme, le mamme immigrate, quelle che arrivano davvero da un’altra nazione e non solo da 30 km da qui.

Forse sarebbe stato più facile emigrare per davvero…